Problemi di prospettiva

In montagna, in Alto Adige, portavo con me la cassetta dei colori ad olio ed il cavalletto.
Con molto zelo, sorretta da intima gioia, vagavo per boschi e prati in stato sognante, tesa alla scelta del soggetto da ritrarre.
Ecco, nella prospettiva di un prato, nella luce meridiana, una casetta irradiava il suo candore tra i toni diversi dei verdi, sullo sfondo scuro dei boschi e degli azzurri dei monti lontani e del cielo sereno.
Con il mio sediolino pieghevole sedevo lì, alle prese con il mio lavoro. Si avvicinò un pittore, armato anche lui dei “ferri del mestiere”. Era un vero pittore, un Maestro (si rivelò docente all’Accademia di Firenze). Guardò con interesse il mio quadretto in gestazione e mi spiegò : «Il bianco di questa casetta è sbagliato, la distanza non permette di vederlo così, c’è l’atmosfera di mezzo e la luminosità è attenuata».
Se ne andò, scegliendo poco discosto il tema del suo dipinto.
Proseguii il mio lavoro un po’ mortificata dalla osservazione, tanto più che non sapevo proprio rinunziare al luminoso chiarore della mia casetta che, seppure lontana, mi appariva così bianca nel prato.
Gentilmente il pittore-maestro, terminata la sua opera, si avvicinò di nuovo e mi mostrò la sua tela dipinta. Tutto era perfettamente riprodotto. I colori disposti in equilibrio di dosature degradanti nei piani prospettici. Ma… in verità… «che mortorio!» (anzi, impertinente intimo giudizio) «che lagna!» pensai.
«Però!…» disse quel Maestro con un ultimo sguardo al mio lavoro, e si allontanò.
Personalmente, tornando al mio dipinto, potei solo rallegrarmi della gioiosa visione di quella casetta nel prato… pur nella sua “sbagliata” prospettiva.
Non di piani di luce digradanti, però, mi aveva parlato Vincenzo Ciardo, quando gli avevo mostrato il pastello, che da ignara dilettante avevo fatto per dono a mio padre negli anni del liceo (1935): al Vomero “il tempietto della Floridiana” ed il pino sullo sfondo del Golfo, e giù nell’azzurro del mare, il Castel dell’Ovo.
«Vede,» aveva spiegato il Maestro, impressionista, «il Castel dell’Ovo, nella sua realtà sarà di questo colore bruno, ma tra lei e l’oggetto pittorico c’è tanta atmosfera, velatura di celeste dell’aria, sicché deve smorzare il tono. Ci vuole un colore più freddo, non così acceso di bruni!»
La spiegazione di Ciardo non parlava di “dosatura digrandante di luce”, cioè chiaroscuro (ancora tesi neoclassica dell’Accademico fiorentino). Era nel “plein-air” degli impressionisti che andava colto l’effetto luce-colore. Era la lezione di Çezanne sulla “quantità di toni azzurrini dell’atmosfera”!… Tra me e la casetta c’erano i toni azzurrini dell’atmosfera, che attenuavano lo splendore del bianco. Questo era ancora l’errore!?!
Eppure, più tardi, ancora in Çezanne trovai la spiegazione dell’effetto artistico inconsciamente ottenuto. Nel quadro celebre della “Montagna di S. Victoire” incombente nel paesaggio, l’artista aveva realizzato una “prospettiva psicologica”.
Nella professione, per spiegare agli alunni il concetto çezanniano del “dinamismo della coscienza nel’atto di recepire la realtà” la mia lezione poté attingere a quella esperienza giovanile. Avevo ora capito, perché il quadretto aveva la sua validità estetica, nonostante l’ “errore di prospettiva”.
“Prospettiva psicologica” risultato della dinamica emozione dell’Io cosciente! Giudizio estetico-critico ancora rinnovato.

Ischia
Ischia

Ed ancora più tardi… ad Ischia.
Dalla terrazzina della pensione in cui alloggiavo, un’affascinante quinta di case e terrazze digradanti si profila luminosa di rosa, di bianchi dorati, di caldi arancio sullo sfondo intenso della distesa del mare azzurrissimo. Euforica, lavoro in quell’aria balsamica, restauratrice di forze. Gioia degli occhi dispone il cuore ad aprirsi alla bellezza, che, sempre di nuovo riconcilia con la vita.
Ho concluso.
Rientro nella mia cameretta. Il quadretto è per terra, contro il muro.
«Ma cosa ho fatto mai? La prospettiva è sbagliata!» Invece di convergere verso il punto di fuga, ogni area di terrazza si dilata verso il fondo. Le forme trapezoidali si aprono con ritmi vari sull’azzurro del mare. Le linee diagonali, allontanandosi, divergono…
Medito mestamente di dover “tutto correggere”.
«Peccato! eppure era così autentica l’emozione!»
Dai sostrati culturali sommersi o forse solo ammantati nel benefico calore del meriggio estivo, ecco balzare una nozione che frena la mano: “prospettiva inversa!?!”
Ma sì, era proprio così.
«Che bello! Hai dipinto non Ischia, ma l’atmosfera di Ischia» ebbe a dire una cara sensibile amica, che come me, amava e ben conosceva quell’isola ed il fascino dei suoi colori.
Molti anni dopo, studiosa ormai di critica d’arte, la comprensione dell’esperienza estetica vissuta quell’estate mi si chiarì oltre. Conobbi la tesi che spiega la “prospettiva inversa” medievale quale “visione dall’alto” e il fenomeno fu rivissuto in nuova dimensione cosciente.
Avevo notato che nelle “nature morte” amavo collocare la composizione non all’altezza dell’occhio, ma su un appoggio più in basso. Anche in quel quadretto avevo scelto la visione del paesaggio, contemplandolo dall’alto della terrazza della pensione. Decisamente non si era trattato di un errore.
Era “prospettiva inversa”, perché “visione dall’alto” (4).
Eppure la cara signora amica aveva percepito anche di più…
«Hai dipinto l’atmosfera di Ischia» decretava.
Nell’euforia sognante del momento creativo l’anima mia, che filtrava la visione, e guidava la mano… si era librata in quell’aria cristallina, che evocava tante gioie e sensazioni dell’infanzia.
Dunque ancora “prospettiva psicologica”, visione innovatrice che modernamente invita l’Io individuale a penetrare spiritualmente entro lo spazio e a esprimere coscientemente l’emozione.

Il lago Traunsee in Austria
Il lago Traunsee in Austria
Paesaggio in Austria
Paesaggio in Austria

Paesaggi decisamente più maturi dei paesaggetti impressionistici giovanili eseguii a spatola, in una vacanza in Austria, affascinata da toni di atmosfere particolari.
“Il lago di Traunsee in Austria” e “Paesaggio in Austria”

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